Denunce di violenza e malfunzionamento al Centro di Permanenza per il Rimpatrio
L’esposto dell’associazione Naga
L’associazione Naga, nota per la sua lotta contro ogni forma di discriminazione, ha recentemente depositato un esposto presso la Procura di Milano tramite l’avvocato Eugenio Losco. L’obiettivo è chiaro: avviare approfondite indagini per accertare le responsabilità legate alla violenza segnalata all’interno del Centro di Permanenza per il Rimpatrio di via Corelli, sia da parte di alcuni membri delle Forze di Pubblica Sicurezza, sia in relazione al presunto malfunzionamento amministrativo e igienico sanitario della struttura. Inoltre, tra le richieste dell’esposto vi è anche quella di sottoporre l’intera struttura a sequestro preventivo al fine di chiuderla.
Segnalazioni e documenti audiovisivi
Secondo quanto riportato dall’associazione Naga, sono stati depositati messaggi audio, video e foto provenienti da individui trattenuti all’interno del centro nel periodo compreso tra il 10 e il 18 febbraio. È importante sottolineare che durante questo periodo il ramo d’azienda di Martinina srl, responsabile della gestione del centro, era già stato sequestrato su richiesta della Procura della Repubblica di Milano e convalidato dal gip il 21 dicembre 2023. Da quella data in poi, il Cpr è stato postod sotto il controllo diretto del Commissario, a garanzia del rispetto delle normative e dei diritti delle persone coinvolte.
Criticità e mancanza di garanzie
Nonostante il commissariamento e il controllo giudiziario, emerge che il Centro di Permanenza per il Rimpatrio di via Corelli non è stato immune da gravi problematiche. La relazione redatta dal dottor Cocco durante i giorni della vicenda evidenzia come le pratiche di deumanizzazione presenti all’interno del Cpr contribuiscano a legittimare atti di violenza, trasformandoli in una realtà allarmante. Nonostante i tentativi di gestione commissariale, la struttura sembra continuare a presentare criticità significative dal punto di vista medico e della sanità pubblica, mettendo a rischio il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone coinvolte.
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