Giovan Battista Moroni, definito da Berenson come “l’unico mero ritrattista che l’Italia abbia mai prodotto“, si distingue per la sua capacità di catturare i soggetti nei gesti e nelle azioni quotidiane, lontano dai ritratti pomposi e formali tipici del suo tempo. Nella mostra “Moroni . Il ritratto del suo tempo“, curata da Arturo Galansino e Simone Facchinetti, l’artista rinascimentale bergamasco viene celebrato e confrontato con opere di altri maestri del periodo, come Alessandro Bonvicino e Lorenzo Lotto. Questa esposizione mette in luce la carriera di Moroni e le sue innovazioni che avrebbero influenzato artisti come Caravaggio.
Nel contesto del Cinquecento, il ritratto era un mezzo potente per i potenti per mostrare il loro status e potere. Tuttavia, Moroni va oltre i formalismi di Stato e riesce a rendere nei suoi dipinti gli aspetti più intimi e genuini delle persone rappresentate. Le opere del Moroni sono caratterizzate da un realismo sorprendente, che include dettagli come rughe, espressioni facciali e ombre ben studiate. L’artista era abile nel cogliere la vera essenza dei suoi modelli, tanto da farci sentire come se li avessimo conosciuti personalmente.
La tecnica pittorica di Moroni si basava sull’osservazione diretta del modello, dipinto a grandezza naturale per creare un effetto di realismo straordinario. Questo approccio immediato e spontaneo conferiva alle sue opere un’espressività unica, ricca di vita e luce. La luce che Moroni riusciva a catturare nei suoi dipinti, ispirata da maestri come Tiziano e Caravaggio, conferiva loro una profondità e intensità straordinarie. In particolare, le sue pale d’altare commissionate dal vescovo di Bergamo Federico Cornaro sono un esempio della sua abilità nel creare immagini devozionali realistiche e contemporanee.