La corte d’Assise di Brescia ha emesso la sentenza di condanna in primo grado all’ergastolo per le sorelle Paola e Silvia Zani e Mirto Milani, definendoli un “trio criminale” che ha ucciso Laura Ziliani per gratificare l’ego del gruppo e celebrare la loro coesione. Il movente economico o l’odio verso la vittima non hanno avuto un ruolo, secondo i giudici, che hanno evidenziato la narrazione dei fatti in 98 pagine di motivazioni.
La corte d’Assise di Brescia ha sottolineato che l’omicidio di Laura Ziliani è stato commesso dal trio criminale per gratificare l’ego del gruppo e rafforzare la loro coesione. I giudici hanno evidenziato come i tre imputati abbiano agito di concerto, contribuendo ciascuno alla realizzazione del progetto criminoso. Il presidente della Corte d’Assise, Roberto Spanó, ha sottolineato che mancano moventi economici o motivazioni legate all’odio nella dinamica dell’omicidio.
Le motivazioni della sentenza hanno evidenziato il ruolo della madre di Mirto Milani, definendola “convitato di pietra” nell’intera vicenda. La donna ha dimostrato un interesse particolare per il patrimonio della vittima, Laura Ziliani, e sembra essere stata a conoscenza dell’omicidio sin dall’inizio. I messaggi inviati dall’imputato dal carcere per depistare le indagini e le precauzioni adottate per evitare intercettazioni delle conversazioni fanno emergere un coinvolgimento diretto della madre nella vicenda.
Nelle 98 pagine di motivazioni della sentenza, emerge chiaramente che il trio criminale ha messo in atto una strategia per evitare che le indagini li portassero alla luce del giorno. Mirto Milani e le sorelle Zani hanno pianificato attentamente come depistare le autorità e mantenere il segreto sull’omicidio di Laura Ziliani. Le azioni coordinate e il tentativo di occultare prove rivelano un’intenzionalità e una determinazione nel nascondere la verità.